Axel Rudi Pell - Mystica (SPV 2006)

Axel Rudi Pell continua a propagare nel mondo il verbo dell'hard rock "vecchia maniera" (per intendersi fine anni '70, inizio anni '80). Supportato dall'ugola molto alla Tony Martin di Johnny Gioeli e dal drumming di Mike Terrana, il buon Axel crea 10 di tracce fresche fresche. Mystica suona come i Rainbow/Sabbath della fine degli anni 70, ma non mancano anche le inserzioni in territori propri del Dio solista (si senta, per esempio, l'iniziale riff di "Fly to the Moon", sembra quasi di sentire "Stand Up and Shout" di Holy Diver). Il disco scorre bene, il solo limite è che rimanda un pò troppo ad una stagione musicale fortunata, ma che al giorno d'oggi è veramente troppo richiamata e riproposta. Le parti sono tutte interpretate con gusto, questo non è neanche da mettere in dubbio, solo che ad un primo ascolto sembrano mancare un pò di passione. Questo è essenzialmente strano, visto che il buon Axel la fine anni '70 la adora, ma la riproposizione continua, il riferimento che si sussegue di disco in disco, deve aver creato un leggero manierismo nelle dita di Axel. Non ci sono sussulti nell'opera, non c'è un passaggio che ti fa restare a bocca aperta (come accadeva con le "vecchie glorie"), persino la riproposizione in formato chitarristico di stralci di opere classiche è un clichè già sentito e, sfortunatamente, abusato (Malmsteem insegna vero?). Tutti gli amanti di Axel sanno che il loro chitarrista propone da sempre musica di questo tipo, le cui stelle polari son sempre le stesse, ma noi, comuni ascoltatori e fruitori della musica, non possiamo ascoltare un disco che ha alla voce uno che "assomiglia a Tony Martin" e che la chitarra viaggia come se dovesse creare un Lp dei Rainbow o dei Black Sabbath con Dio alla voce ma senza averne la stessa carica. In questi casi, perdonatemi, ci prendiamo "TYR" o "Headless Cross" dei Black Sabbath (o, anche, Heaven and Hell) o buttiamo sul nostro lettore un vecchio cd dei Rainbow... in effetti l'originale è più divertente. La critica che potrebbe essere mossa alla mia critica è semplice, perchè la fai passare liscia a Lemmy e non ad Axel? Il motivo è semplice. Lemmy, in fin dei conti, ripete se stesso, riproponendo la sua musica da sempre (con qualche variazione, ma siamo la), Axel ha deciso che per proporre la sua musica si deve nutrire ferocemente di musica già composta da altri (facendola propria ok, ma i richiami sono ben più che un semplice ricordo in questo disco... sono quasi troppo invadenti). Che voto si può dare... un 7 per la pulizia sonora, per le performance individuali, per certi passaggi interessanti, e un bel 5 per innovatività e richiami troppo evidenti, una certa stanchezza di fondo e un manierismo un pò irritante. Media: un bel 6 e ci vediamo al prossimo disco.
GIUDIZIO:
Ai fan di Axel Rudi Pell il disco sicuramente non mancherà di entusiasmare, come anche chi ama alla follia le sonorità calde settantiniane. Agli altri, beh, il disco è sinceramente prescindibile. Ne sono usciti di meglio di dischi come questo, senza contare, ovviamente, gli originali.
6/10
Web: Sito ufficiale: www.axel-rudi-pell.de/main.htm
Lineup: Axel Rudi Pell - guitars Johnny Gioeli - vocals Mike Terrana - drums Volker Krawzcak - bass guitar Ferdy Doernberg - keys
Tracklist: 01. The Mysterious Return (Intro) 02.Fly To The Moon 03.Rock The Nation 04.Valley Of Sin 05.Mystica 06.Living A Lie 07.The Curse Of The Damned 08.Haunted Castle Serenade (Opus # 4 grazioso e agresso) 09. Losing The Game 10. No Chance To Live
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