Prima di partire con la classica recensione è necessario fare una premessa; da vecchio appassionato di sonorità anni '70, la presente recensione presenta una soggettività intrinseca inevitabile. Premesso questo, potete leggere la rencensione liberamente, sapendo che la passione per le calde sonorità settantiniane potrebbero aver influenzato il giudizio (in positivo o in negativo, a seconda dei punti di vista).
I Carcass sono un'istituzione, niente di meno. Padrini del grind, alfieri di un death lucido e ironico, i Carcass passano, nel giro di 7 anni, dall'essere una grind-gore band ad un gruppone death'n'roll. Niente a che vedere con il suono prevalentemente hardcore-oriented degli Entomed, il cui contributo alla scena death è stato notevolissimo (anche se in calando con il passare del tempo), ma la mistura caldissima fra il classico riffing anni '70, con parti melodiche e strutture ariose, si combina elegantemente con il growl tipicamente death. I Carcass, inoltre, continuano a perorare la causa di una "letteratura" death meno stupida di molti epigoni: non solo la torbida passione per ciò che decade, ciò che sfigura e uccide, ma vengono trattati temi più ampi e sempre con l'ironia apprezzabilissima del gruppo inglese (si veda, per esempio, "Keep on rotting in the freeworld").
In "Swansong" la carica melodica, che emergeva in "Heartwork", viene ripresa e questo consente un più ampio dispiegarsi di strutture musicali, senza dover necessariamente basare la composizione musicale su un attacco diretto e velocissimo, ma permettendo di inserire maggiore groove all'interno della canzone.
I lavori delle chitarre rimandano alla scena thrash anni '80 (anche se rielaborati e senza rischio di plagi) e, in certi passaggi, non è difficile sentire una certa infatuazione per le sonorità chitarristiche del folletto australiano Angus Young (ma non solo). I riff sono di breve durata, possenti ma non monolitici, questo permette alla canzone di mantenere un tratto distintamente metal, ma senza finire in ambiti non consoni al gruppo inglese (tanto per intenderci, nonostante la ritmica dei pezzi, i Carcass non si avvicinano al dettame Obituary nel death). Il growling di Jeff Walker è sempre molto bello e si sposa ottimamente con le partiture del nuovo corso Carcass.
L'album è stato accolto in maniera abbastanza scettica da parte del pubblico, che accusa il gruppo di essersi venduto e non riconoscendo l'evoluzione del gruppo. Qua non siamo di fronte all'album imprescindibile all'interno della vostra discografia, ma sicuramente non perde il confronto con molti degli album usciti in seguito in ambito death.
La scena death (sia floridiana che svedese/europea) sta vivendo un momento di stallo e di auto-plagio che un album di "rottura" (seppur vecchiotto) come questo è sicuramente molto più apprezzabile rispetto a sentire per la centesima volta di seguito il classico lavoro di chitarre alla In Flames (o, in altri casi, le strutture alla At the Gates), il passaggio alla Death o l'andamento putrido degli Obituary (solo per citare dei prime movers del death), per non parlare della copia ininterrota della violenza dei Cannibal Corpse (ma senza lo stile o prendendo troppo sul serio la situazione).
GIUDIZIO:
Al contrario del pubblico (che non lo ha premiato), io considero questo disco interessante, un buon modo per uscire dal classico stilema death-metal e imbastardire un genere attualmente un pochino in apnea con qualche spruzzata di colore (cosa che i Carcass avevano capito molto tempo fa). Come detto, non stiamo parlando del capolavoro assoluto dei Carcass (per carità, gli album passati sono fenomenali), ma siamo di fronte ad un buon album, spesso ingiustamente stroncato.
7,8/10
Web:
Sito ufficiale:
www.myspace.com/carcassisking
Lineup:
Ken Owens - Drums
Carlo Regadas - Guitar
Bill Steer - Guitar
Jeffrey Walker - Bass, Vocals
Tracklist:
1. Keep on Rotting in the Free World
2. Tomorrow Belongs to Nobody" (Steer/Walker)
3. Black Star
4. Cross My Heart
5. Child's Play
6. Room 101
7. Polarized
8. Generation Hexed
9. Firm Hand
10. Rock the Vote
11. Don't Believe a Word
12. Go to Hell