Intervista Delirium X Tremens 2012 |
Scritto da Girli |
Giovedì 27 Settembre 2012 14:55 |
(Intervista a Ciardo e Thomas)
Con il loro ultimo ‘BELO DUNUM, Echoes From The Past’ i Delirium X Tremens hanno dato vita ad un prodotto tra i più interessanti all’interno del panorama Death Metal italiano. Un album per nulla scontato, un album originale, un album da ascoltare, da guardare e da leggere. Le leggende della loro terra con le sue tradizioni, la storia e la magia delle Dolomiti, hanno dato la possibilità ai nostri bellunesi di lasciare un segno importante ma soprattutto di parlare di qualcosa che sesce dai tipici cliché del genere. Abbiamo incontrato Ciardo e Thomas, rispettivamente voce e batteria della band, alla The Murder Inn Night organizzata dal nostro super collaboratore Stefano Nardelli. Lasciamo a loro il compito di condurci all’interno del loro mondo.
T.M.I.: Bene Ciardo! Innanzitutto grazie per dedicarci un po’ del tuo tempo prima di salire on stage. Per rompere il ghiaccio cominciamo con la classica domanda; parlaci di questa ultima fatica discografica.
Ciardo: Beh. Il nostro ultimo album è il più bello! (Risate…) Del Mondo! (Ancora risate...) No a parte gli scherzi. È stata sicuramente una fatica molto importante, sia a livello concettuale che musicale. Ci siamo trovati a dover decidere cosa fare ed a vagliare mille ipotesi sia dal lato musicale che testuale.. Diciamo che ci siamo scervellati analizzando vari concept. In un primo momento pensavamo di incentrare un album sulla figura di Dylan Dog, poi avevamo vagliato l’ipotesi di incentrare un album sui colori e quindi ogni canzone avrebbe dovuto risvegliare determinate emozioni giocando sul colore. Abbiamo ipotizzato anche un concept sul male commesso dall’uomo verso il nostro pianeta, parlando quindi di guerre, inquinamento, armi chimiche ecc. Toccando tutti questi argomenti abbiamo quindi deciso di guardarci indietro; di guardare quindi alle nostre origini e pensare a quello che avevamo fatto fin ora. I nostri lavori precedenti erano incentrati su un Technological Death Metal Hate con il quale ci scagliavamo contro l’abuso della tecnologia; con questo non intendo che siamo contrari all’uso della tecnologia ma ne criticavamo l’utilizzo in maniera esasperata e sbagliata. Riflettendo su ciò, abbiamo quindi deciso di scavare nelle nostre radici e abbiamo ripensato alle storie ed ai fatti che ci raccontavano i nostri nonni; racconti di un periodo dove la tecnologia non c’era, di un mondo vissuto semplicemente ma con la fatica delle proprie mani e incentrato sui racconti di storie vissute sulla propria pelle e sulle leggende delle nostre montagne. Racconti quindi che aprono gli occhi sulla semplicità e sulla vita di ogni giorno. Sono convinto che le nostre zone, ma non parlo solo di Belluno, siano così cariche di tradizioni al punto che non abbiamo nulla da invidiare a nessuno. Infatti il nostro concept nasce anche da questo punto importante. Qui in Italia siamo in maggioranza esterofili; quando si parla di Death Metal molti gruppi nei loro testi parlano di distruzione, di squartamenti, vichinghi e altro. Nulla in contrario, tutti abbiamo ascoltato quelle tematiche ma i vichinghi non fanno parte della nostra terra. Anche un altro gruppo, i Centurion, diceva una cosa del genere. L’Impero romano era enorme e aveva conquistato gran parte del mondo. Abbiamo una storia culturale vastissima e abbiamo talmente tanto da raccontare sulla nostra terra che possiamo tranquillamente portare avanti un nostro messaggio. Da questo nasce appunto il nostro ultimo lavoro. Noi a Belluno abbiamo questo e lo abbiamo voluto omaggiare in questo modo.
T.M.I.: Più che d’accordo. Quello che mi ha colpito di questo ultimo lavoro è che ci troviamo davanti un album carico di leggenda e di storia! Quando mi sono trovato a recensirlo musicalmente non avevo percepito bene la magia che c’era dietro e quindi ascoltandolo nuovamente sono andato più in profondità. Passando per le vostre zone, ho guardato molte volte le Dolomiti ma ascoltando ad esempio ‘Teveròn, The Sleeping Giant’ sono rimasto affascinato dal fatto che la montagna potesse avere la forma di un gigante addormentato.
Ciardo: Mi fa molto piacere! E quando avrai occasione di tornarci se ti metterai a fissarla bene, potrai tranquillamente vedere il gigante disteso con il volto orientato verso il cielo. Se poi ci aggiungi due grappe lo puoi vedere ancora meglio e a volte si muove! (Risate…). In effetti abbiamo spaziato su molti argomenti che riguardano la nostra zona: le leggende, il Vaticano, il Vajont e via dicendo. Parlando del Vaticano, ad esempio, su ’33 Days Of Pontificate (Vatican Inc.)’ ci siamo soffermati sulla figura di Papa Giovanni Paolo I, meglio conosciuto come Papa Luciani. Albino Luciani infatti era nato a Canale D’Agordo e quindi fa parte della nostra terra. Il suo pontificato è stato tra i più brevi della storia con soli 33 giorni e la sua morte è ancora un fatto di cronaca non chiaro. È stato ucciso da qualcuno? È morto per cause naturali? È un mistero tutt’ora. È stato anche scritto un libro che si intitola ‘In Nome Di Dio’ di David Yallop, che è incentrato su questo fatto e che abbiamo letto per capire meglio. Con il nostro pezzo abbiamo quindi voluto puntare il dito contro il Vaticano, in quanto non è stato in grado oppure non ha voluto fare chiarezza sul fatto. Altro argomento importante per noi in quanto perennemente radicato nella nostra vita è il Vajont. Per noi bellunesi è una ferita ancora aperta, come lo è anche per i friulani che vivono nella zona di Erto. Con i tre pezzi che compongono ‘VAJONT 9 Ottobre 1963’ abbiamo voluto toccare un fatto che ha sostanzialmente cambiato il modo di vivere, il modo di pensare ed il modo di andare avanti della nostra vita di ogni giorno.
T.M.I.: Infatti è una tragedia che ha colpito l’Italia ed ha lasciato un segno importante che però, purtroppo, molti hanno potuto conoscere solo grazie ad un film e che quindi non può essere percepita come la hanno vissuta gli abitanti della valle sulla propria pelle.
Ciardo: Esatto! Ci sono cose che possono capire solo quelli che l’hanno vissuta. È una tragedia che ha distrutto molte famiglie e che ha cancellato dal pianeta la nostra zona. Ci sono cose che mi hanno raccontato che nemmeno io riuscivo ad immaginare. La zona di Longarone è quella che a livello di morti ha sofferto di più e questa tragedia ha lasciato segni indelebili. Gente che ha perso le proprie famiglie e che non ha ricevuto neanche un soldo, altri che hanno subito la quantificazione della morte in termini economici! Hai perso un fratello? Ti diamo un tot di soldi. Tu! Hai perso tua madre? Allora te ne diamo un altro tot. Sono cose incredibili che può sapere solo chi le ha vissute sulla propria pelle e che quando me le hanno raccontate mi hanno lasciato di pietra.
T.M.I.: Parliamo ora della struttura dell’album. Secondo me avete fatto un lavoro per nulla scontato, sicuramente di non facile ascolto e con molti cambi all’interno dei vari pezzi.
Ciardo: Sì, non è un album semplice da ascoltare. Bisogna dire che è meno complicato tecnicamente rispetto all’album precedente ma sicuramente più complesso dal punto di vista dell’ascolto.
T.M.I.: Forse meno complicato tecnicamente ma mai scontato in quanto ci sono dei cambi di tempo e dei cambi di sonorità che sicuramente non lasciano indifferenti.
Ciardo: Abbiamo cercato di fare qualcosa che risultasse essere personale e non banale, che non tralasciasse le nostre influenze ma che allo stesso tempo le arricchisse di originalità. Abbiamo quindi utilizzato strumenti quali il corno, la fisarmonica ecc. per portare all’interno del tipico suono Death gli strumenti tipici della nostra terra. Non è stato facile ma alla fine il risultato soddisfacente. Quindi il corno in ‘I Was’, l’utilizzo del cantato in pulito che come mi avevi fatto notare in sede di recensione può ricordare gli Emperor e via dicendo.
T.M.I.: Per quanto riguarda i testi, avete avuto difficoltà a buttare giù le tematiche per questo lavoro?
Ciardo: Bisogna dire che la maggior parte dei testi nei nostri album li scrive Pondro e quindi sarebbe lui la persona più adatta a risponderti meglio. Personalmente ti posso dire che sono mie ‘Artiglieria Alpina’ visto che in quanto alpino non potevo non averla scritta io (Ride…), e ‘An Old Dusty Dream. Non è stato un lavoro facile perchè, nonostante i temi trattati siano radicati in noi, abbiamo cercato di non banalizzare i testi a semplici riempimenti per la canzone ma abbiamo lavorato per ottenere una fusione tra musica, immagine e lyrics. Infatti ci piace definire questo ultimo lavoro come un album da guardare, da leggere e da ascoltare perchè è completo in tutte le sue parti. L'importanza che abbiamo dato alle canzoni, abbiamo cercato di fonderla con il booklet e con il concept.
T.M.I.: Tornando nuovamente alla parte mucicale, visto che anche tu contribuisci alla composizione inserendo le chitarre acustiche, è stato più difficile dare vita a questo ultimo lavoro oppure a quelli precedenti?
Ciardo: La difficoltà più grande che abbiamo incontrato nel dare vita a questo lavoro, è stata il cercare di fare in modo che la composizione seguisse di pari passo i testi. Con questo non voglio dire che nei nostri precedenti album i testi non fossero adattati alla musica; intendo dire che scrivevamo i testi e le composizioni separatamente e successivamente vedevamo di adattare parte testuale e parte musicale, lavorando per amalgamare il tutto. Complicato comunque ma differente. In questo caso invece, abbiamo cercato di guardare bene i vari testi, analizzarli e immaginare la parte musicale per quel determinato testo. Il nostro scopo era quello di trasformare le nostre sensazioni in musica, di fare in modo che anche l'ascoltatore venisse catapultato nel nostro mondo. È sicuramente stato difficile perchè per le persone che vivono nel bellunese ed in Friuli tale atmosfera può essere più assimilabile, mentre per le persone che vivono in altre parti d'Italia o in altre parti del mondo la sensazione può essere differente. La sfida è stata quindi quella di centrare il tipo di melodia ed atmosfera per ogni song. Ci trovavamo tutti insieme a provare differenti cose, fino a quando uscivamo con quella che soddisfava pienamente tutta la squadra. In più abbiamo utilizzato anche i suoni degli strumenti tradizionali e quindi inserire il flauto, la fisarmonica ecc... nel modo giusto e non troppo invasivo. Ci è voluto tanto tempo ma alla fine siamo stati ripagati a livello di soddisfazione personale. E tornando ad una delle domande precedenti, la tecnologia che noi aborriamo (Risate...) in questo caso ci è tornata molto utile perchè dosata in maniera adeguata.
T.M.I.: Ora caro Ciardo soddisfa la mia curiosità. Ti conosco da molto tempo e ogni volta mi stupisci con qualche chicca. Mi ha catturato molto la track 'The Legend Of Càzha Selvàrega' quindi volevo chiederti se ci potevi parlare di questo pezzo.
Ciardo: Molto volentieri! Sono molto legato a questo pezzo. Questa è una leggenda nata nel Monte Serva, una montagna che sta a ridosso di Belluno. Io vivo ai piedi del Monte Serva e anche i miei parenti. Ricordo che quando ero piccolo e andavo a trovare mio nonno, mi raccontava storie e favole delle nostre terre. Quello che mi colpiva è che alcune delle storie che mi raccontava, sosteneva fossero successe veramente; la leggenda di Càzha Selvàrega è una di queste storie. (E qui Ciardo accenna alla storia nel dialetto bellunese del nonno...). In sostanza la Càzha Selvàrega è un demone e per la precisione è il demone della caccia. Questo demone si dice inseguisse le anime di quei cacciatori che in vita non avevano rispettato la domenica e che nel giorno del Signore si erano messi a cacciare. Poi tale leggenda si è allargata a tutti i peccatori ma in origine era nata per i cacciatori. Si dice che di notte nelle valli del Serva, questo demone, accompagnato da un'orda di cani neri, insegua le anime dei peccatori e le torturi per l'eternità, fino alla fine dei tempi alla ricerca del perdono eterno.
T.M.I.: Grazie caro Ciardo ora è tutto molto più chiaro. Io credevo fosse una sorta di strega.
Ciardo: Sì, perchè nel testo parlo di una strega che ride ma che viene da un'altra storia che mi raccontava mio nonno. Bisogna pensare che ai tempi dei nostri nonni queste leggende erano molto presenti nella vita di ogni giorno, infatti il lato esoterico ed occulto di queste storie mi ha sempre affascinato e mi è stato trasmesso da mio nonno. Riguardo alla strega che ride, mio nonno mi raccontava che quando tornava la sera dai boschi con i suoi amici, vedeva su una roccia una specie di strega che rideva e che aveva un dente solo. Loro avevano paura perchè alla luce della luna sembrava un lupo e quindi loro erano terrorizzati. Ora non so cosa vedevano ma quando mio nonno la raccontava sosteneva fosse vero. La superstizione era molto presente in queste zone. Quindi ritornando a 'The Legend of Càzha Selvàrega' mi è sembrato giusto includere un pezzo così oscuro e carico di magia nel nostro album.
T.M.I.: Più che giusto. Ora se non ti dispiace facciamo un po' di domande a Thomas che è qui che ascolta in silenzio.
Ciardo: Nessun problema! Che parli un po' anche lui che non fa mai un cazzo (Risate...) Intanto io vado a scaldarmi l'ugola e a gorgheggiare un po' (Ride...). Grazie ancora e a dopo.
T.M.I.: Buon gorgheggio. Bene Thomas! Arriviamo a te ora e parliamo di batteria, anche se purtroppo non sono la persona adatta. Se ricordi, in fase di recensione ho tirato in ballo Pete Sandoval, uno dei miei batteristi preferiti. L'ho nominato perchè ho percepito un po' di batteria Death metal Easth Coast, anche se non essendo batterista ogni tanto ho paura di dire cavolate.
Thomas: Beh, il paragone non poteva che farmi un enorme piacere in quanto Pete Sandoval e i Morbid Angel sono molto importanti per il genere che suoniamo. Chiaramente poi il paragone è soggettivo e viene fuori anche da quelle che sono le proprie conoscenze musicali ed i propri ascolti. Magari a qualcun'altro posso ricordare un altro batterista dato che nei passaggi si cerca di prendere ispirazione dai nomi importanti. Resta il fatto che dopo aver letto la tua recensione ed ascoltando nuovamnte i pezzi, in effetti ho sentito un qualcosa di Pete Sandoval pure io. L'esempio può esserlo la stessa 'The Legend Of Càzha Selvàrega' che in alcuni parti ha lostampo Morbid Angel. Parlando di batteria ed essendo batterista, ho un punto di vista molto particolare sul mio strumento. Secondo me il batterista è quello che nel gruppo deve essere il meno metallaro degli altri. Non fraintendermi; intendo che per quello che è per me la batteria, deve essere un musicista eclettico e che deve portare sempre un qualcosa in più all'interno dei ritmi del pezzo. Deve ascoltare qualsiasi genere e deve essere aperto musicalmente. Penso che questo mio modo di vedere lo strumento, abbia contribuito molto in fase compositiva. Se ascolti il pezzo 'Vajont' c'è un pezzo di tango ed in quel particolare momento ci sta benissimo. Quindi, a mio avviso il batterista deve essere sempre pronto ad inserire qualcosa in più; che sia Jazz, che sia Metal classico, che sia un ritmo più cadenzato, il batterista deve essere pronto ad usarlo. Poi non sempre viene bene! Tante volte viene fuori una figata altre volte viene fuori una cagata pazzesca ma questo è il rischio. Se mi chiedi da che batteristi sono stato influenzato per questo disco, ti posso dire che io non ho degli idoli particolari batteristicamente parlando. Per questo lavoro probabilmente ho estrapolato un po' da Joey Jordison, un po' da Mike Terrana e quindi a mio avviso ci si può trovare anche queste ispirazioni. Con questo non voglio dire che per quel dato pezzo volevo suonare come Terrana o Jordison ma solamente che ascoltando quella data traccia ho riconosciuto questa influenza
T.M.I.: Beh sinceramente mi è sembrato che tutto sommato il lavoro che hai fatto sia eccellente. Se poi Ciardo dice che tecnicamente i lavori precedenti sono più complessi non obietto ma anche qui non c'è nulla di scontato.
Thomas: Dunque, una cosa che ci tengo a precisare per il lavoro di batteria nel nostro ultimo album è la seguente: in questo album tutte le parti di batteria sono state registrate con una batteria acustica ed in presa diretta. È stata registrata così come la senti su disco. D'accordo, qualche effetto c'è, c'è il comprssore ma la batteria non è triggerata. Anzi! Ho addirittura lasciato alcune cazzate che ho fatto senza per forza andare a modificarle. Se chi ascolta l'album è un batterista attento, sicuramente se ne accorgerà ma di proposito non le ho volute modificare. Io credo che il batterista non sia una macchina o per lo meno io non lo sono, quindi secondo me lasciare anche le piccole imperfezioni non arreca sicuramente disturbo. Secondo me sta bene anche con il concept del disco! Questo è un disco rustico, un disco verace e così io ho suonato.
T.M.I.: Mi piace la tua sincerità e credo che molti dovrebbero essere così. Riguardo la stesura dell'album, quanto tempo vi ha tenuti occupati dall'ida all'entrare in studio?
Ciardo: Dunque, indicativamente due anni e mezzo o tre. Come ha detto Ciardo prima, questo album è nato in maniera diversa. Negli altri album i chitarristi arrivavano con un riff, io arrivavo con un ritmo e si cercava di amalgamarli. Qui invece i testi c'erano già e le chitarre erano già plasmate su quella determinata lyric. A quel punto entravo io e mettevo giù le mie parti seguendo il pezzo, adattandole e migliorandole, tagliandole e via dicendo. Tornando alla domanda precedente riguardante la tecnicità e complessità dei primi lavori, da parte mia ci mettevo qualche figatina e qualche chicca tecnica in più. Semplicemente eravamo più giovani e cercavamo di metterci in gioco dal punto di vista tecnico per misurare anche i nostri limiti e per fare un po' i fighi (Risate...). Qui invece ho cercato di seguire gli strumenti; in qualche pezzo seguo le chitarre, in altri pezzi seguo la voce e quindi ho cercato di non eccedere e di non creare sbavature.
T.M.I.: Le sbavature... Tante volte, da chi non ha l'orecchio allenato, il batterista viene considerato uno che non stona ma che può solamente andare fuori tempo. Io non sono d'accordo; a differenza dagli altri strumenti e dalla voce , che di solito spiccano e che quindi vengono subito percepiti quando si stona, la batteria ha delle note di tocco che non tutti riescono a percepire. Se le pelli non sono tirate e regolate bene, il batterista stona; se il batterista segue il tempo ma non colpisce la pelle nel modo giusto, il batterista stona. È questo che intendi?
Thomas: Mi fa veramente piacere che tu abbia capito cosa intendo. In questo album infatti ho cercato di stare più nell'ombra; non solo a livello di complessità e di ritmi ma anche di suoni. Negli altri album spingevo per avere una batteria che spiccava mentre qui ho voluto stare più sulle note di tocco più cupe. A mio avviso qui ho un sound più caldo mentre negli altri album ho un suono più asettico e quasi robotico; comunque ci stava con le tematiche degli altri lavori. Con questo album ci siamo messi in gioco; se prima abbiamo seguito un filone ed un'immagine che ormai rappresentava i DXT, con questo album l'abbiamo completamente stravolta e abbiamo osato. Abbiamo sbagliato? Abbiamo fatto bene? Ora come ora non siamo pentiti per averlo fatto. Sicuramente siamo maturati come persone e come musicisti e questo si è ripercosso sulla nostra musica. A mio avviso siamo soddisfatti e le risposte sono state positive al 100%.
T.M.I.: La tua risposta è stata esaustiva e ti ringraziamo. Purtroppo siamo arrivati alla conclusione dell'intervista visto che il tempo stringe e tra poco dovete salire on stage. Ti lascio dire le frasi conclusive.
Thomas: Beh, innanzitutto grazie per averci dedicato un po' di spazio nella vostra webzine. Per quanto riguarda le frasi conclusive, risulterò scontato ma questo è il mio messaggio: Non siate malati di esterofilia! Ascoltate il Metal Italiano! C'è gente con cui abbiamo suonato che ha un'esperienza decennale sui palchi e non viene calcolata! Interessatevi anche a queste realtà ma soprattutto supportate i DXT! (Risate...) Scherzi a parte, solo in questo modo potremmo essere paragonati alle realtà oltreoceano ed europee.
T.M.I.: Bel messaggio! In bocca al lupo e buono show!
Thomas: Grazie e a presto.
E anche noi ci aggiungiamo all'appello di Thomas, meno esterofilia e più supporto alla nostra scena. |