Black Sabbath - 13 (Deluxe) |
Scritto da Stefano |
Domenica 18 Agosto 2013 14:02 |
BLACK SABBATH - 13 (Vertigo/Universal - 2013) Sono passati tanti, ma tanti, anni da quando i Sabbath in versione quasi originale hanno dato alla luce un disco, esattamente 35 anni. Un'eternità. Per questo motivo quando il giorno 11.11.11 i quattro di Birmingham (si, Bill Ward era ancora presente all'epoca) hanno detto che uscirà un nuovo disco di inediti, a molti il cuore è ceduto. Da quel momento sono passati circa 2 anni e la situazione è completamente diversa: i quattro originali sono diventati solo tre (Bill Ward ha lasciato l'accampamento Sabbath-iano per l'ennesima volta) e il rimpiazzo è stato scelto in Brad Wilk di fama Rage Against The Machine/Audioslave. Solo questo evento basterebbe per demoralizzare il fan più accanito, ma sapere che Iommi combatte contro il cancro mentre registra è qualcosa che fa bene e male nello stesso tempo. Ma torniamo al disco. 13 è di difficile valutazione, soprattutto per come i musicisti l'hanno promosso... come un punto di collegamento con la loro Storia. Questo mi farebbe puntare per una valutazione comparativa con i Testi Sacri Sabbathiani dei primi seventies e sarebbe un gravissimo errore. 13 è un disco che sì è collegato idealmente al 1970 e all'epoca d'oro dei Nostri, ma è anche un album fortemente radicato nel 2013. Le sonorità richiamano le impostazioni possenti dei primi 6 dischi in studio e hanno anche, in certi casi, l'attitudine bluesy che ci si aspetta da dei musicisti cresciuti a pane e blues, ma la qualità sonora non è quella dei seventies (per quanto l'ottimo Rubin riesca a infondere un calore percepibile nelle tracce) ed il suo incedere monolitico è di chiara derivazione metal. Butler ritorna a scrivere testi come solo lui sa fare (oltre che fornirci le sempre ottime linee di basso che hanno fatto storia) ma Ozzy non va in alto a strozzare i pipistrelli, opta per un più pacato tono oscuro e minaccioso e mutua la sua esperienza solista fornendo linee melodiche a sé stanti invece che ricalcare unicamente il riffing di Iommi. Menzione d'onore al Riffmaster Iommi e qua mi vorrei soffermare brevemente. Il riffing è immenso, sempre capace di fornire emozioni e per di più, andando a pescare nel suo passato strofinandoli sopra un'aurea di nera potenza metallica, riesce ad essere fresco e propositivo (al contrario, e mi duole dirlo, di The Devil You Know, dove il disco, dopo un'eccitazione tangibile, risulta abbastanza monotono). La scelta di optare per variazioni blues mischiandole con progressioni propriamente metal è vincente, anche se certe scelte sembrano un pò troppo paracule (Zeitgeist è bella, ma sembra proprio messa la perché è simile a Planet Caravan e doveva esserci; il solo di God is Dead? è buono ma ha un suono orribile...). Per il resto, non c'è niente da fare, il trio di Birmingham è ancora sugli scudi nonostante gli anni che si accumulano sul groppone e lo scintillio del mestiere è davanti agli occhi e a portata di spartito. VOTO: 7,5-8/10 |