Black Label Society - Hangover Music Vol 6 (Spitfire Records 2004)
Il barbuto Zakk ci ha abituato da tempo a dischi come questo. La vena melodica di Wylde era presente nella sua prima esperienza senza Ozzy (Pride and Glory) e anche nel suo primo disco totalmente elettro-acustico (Book Of Shadows). I dischi della Società dell’Etichetta Nera sono, invece, caratterizzati da molto più metal, molti più solismi e bordate di watt. Ma… ecco a voi il disco della Black Label Society che cambia le carte sul tavolo. Le tracce, quasi interamente suonate dal solo Zakk (che si cimenta con una marea di strumenti, lasciando le incombenze di alcune tracce di batteria e basso a suoi fidi collaboratori), sono caratterizzate dalla prevalenza della melodia, della ricerca di un mood rilassato ma, comunque, si sente una certa vena melanconica. L’elettrica, strumento principe del leader della BLS, viene lasciata leggermente in disparte nella struttura sonora, ma viene spolverata (in maniera eccelsa) durante gli assoli, qua, contrariamente che dal vivo, la tecnica viene fuori (intesa come feeling con lo strumento e abilità nel tocco… non sempre essere il più veloce comporta essere il più bravo). “Hangover Music vol.6” si estende su ben 15 tracce, leggermente in calando. Dopo un inizio da brividi (con un trittico di canzoni da favola), con buon interplay fra parti acustiche (solitamente nelle strofe) e parti elettriche (negli assoli) ma con un feeling decisamente metal (si senta, per esempio, Stepping Stone, leggermente doom nel suo incedere); si passa ad un intermezzo del disco più acustico, incentrato maggiormente su chitarre acustiche (sentite “Takillya”, con eccezione di “House of Doom”, non un capolavoro, ma interessante) e, in qualche sprazzo si trova anche l’axe elettrica del barbuto chitarrista. Le linee vocali sono molto più sussurrate, più rilassate (tranne che in “Won’t find it here”, dove Zakk tenta di diversificare leggermente l’impostazione vocale). La terza parte (ideale) del disco vede un netto aumento della parte melodico-malinconica, con un accrescimento delle strutture lente, dei pianoforti e di una maggiore componente emotiva. In questo punto il voto scende leggermente, non per la qualità (sono tutti pezzi più che discreti) ma per una leggera noia che circonda questa parte. In questo frangente si staglia anche la dedica accorata a Layne Staley (ex cantante degli Alice in Chains, morto pochi anni fa, omaggiati anche in “No Other”, non nelle liriche ma nelle sonorità), sicuramente rivitalizzata dalla chitarra elettrica e dall’aumento di adrenalina. Alcune canzoni possono rientrare, con le dovute cautele, anche nel filone southern-rock (o anche, in certi casi, in qualche produzione di Springsteen), ma la sensazione è che Zakk renda il meglio senza troppe sovrapproduzioni, troppi orpelli. La Black Label Society viene fuori meglio quando è ruvida e grezza (sia essa acustica o elettrica). Ultimo nota al disco è la rilettura, abbastanza azzeccata, di “A Whiter Shade of Pale” dei Procul Harum. Qua Zakk sembra rileggere Bruce Springsteen che canta i Procul Harum. Buona prova.
GIUDIZIO: ”Hangover Music Vol. 6” è il disco ideale per ristorarsi le orecchie dopo ore di black, death e affini. Un attimo di pausa per poi riprendere a martellare il vostro apparato uditivo con la musica a voi (noi) più gradita. La qualità di Zakk è innegabile, come anche la sensazione di “mission accomplished” per quanto riguarda le canzoni in sé.
7/10
Web: www.zakkwylde.com
Lineup: Zakk Wylde - Vocals/Guitar/Bass/Piano Mike Inez, James Lomenzo, John Deservio - Bass Craig Nunemacher, John Tempesta - Drums
Tracklist: 1.Crazy Or High 2.Queen Of Sorrow 3.Steppin' Stone 4.Yesterday, Today, Tomorrow 5.Takillya (Estyabon) 6.Won't Find It Here 7.She Deserves A Free Ride (Val's Song) 8.House Of Doom 9.Damage Is Done 10.Layne 11.Woman Don't You Cry 12.No Other 13.Whiter Shade Of Pale, A 14.Once More 15.Fear
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