Black Sabbath - Master Of Reality (vertigo 1971)
Siamo arrivati al terzo album. Album ritenuto fondamentale se non altro perché deve ribadire la ormai maturità artistica dei Black Sabbath. Il disco si presenta sobrio, copertina nera, scritte viola e grigie, niente fronzoli o immagini. Solo nome e titolo. Un disco d'intenti. Di forza. Le tracce proposte sono otto, comprendenti due intermezzi strumentali e una traccia soffusa ed acustica. La formula assomiglia molto a quella proposta per l'album Paranoid, pezzi duri, lividi, pesanti, forse fra i più incisivi proposti fino a quel momento dai Sabbath. L'album si apre con "Sweet Leaf", un colpo di tosse e via con il riff principale. La canzone è abbastanza scarna, niente preziosismi. Il riff è pesante e vagamente rallentato, niente a che vedere con tracce come "Into the Void" o canzoni presenti su "Vol.4", l'album successivo. Nella canzone si sente già l'utilizzo di overdub della parte di chitarra. La voce di Ozzy canta nel suo solito timbro leggermente squilibrato e "stonato", ma la canzone, nonostante la presenza all'interno dei concerti, non è un vero capolavoro. Fa il suo onesto lavoro. La vera traccia spiazzante rispetto ai lavori precedenti e, probabilmente, rispetto a quelli futuri è "After Forever". Canzone sorretta da un riff abbastanza nervoso, supportato in diversi punti da una tastiera (!), con un buon lavoro di Ward e Butler alla sezione ritmica. Ma è il testo della canzone che ti lascia a bocca aperta: parte con invettive anti-cristiane, spesso molto caustiche e deliranti; sembrerebbe di trovarsi di fronte alla definitiva conversione dei Sabbath al satanismo o a qualche religione esoterica, ma è la seconda parte che riscatta i Nostri. Lo sprezzante narratore anticristiano delle battute iniziali si rivela essere critico nei confronti dell'ascoltatore e di tutti quelli che hanno le idee da lui precedentemente accennate. Una canzone di rottura e sicuramente di manifestazione chiara di ideali cristiani (ricordiamoci che Butler è fortemente cristiano, e si preoccupò per le liriche esplicite della canzone). La canzone sfuma nel primo strumentale "Embryo", in cui Iommi in 28 secondi fa da traino ad una delle canzoni più popolari (dopo Paranoid s'intende) e più fricchettone della discografia dei Sabbath. La sezione ritmica è uno schiacciasassi, ha un groove mostruoso, la chitarra è pesante e abbastanza veloce pur rimanendo ancorata negli inferi. "Children of the Grave" si presenta come una canzone terribilmente fuori-tempo, come a riprendere degli ideali che i Black Sabbath stessi avevano contribuito a far sprofondare: il flower-power. Narrare di bambini che insorgono contro gli adulti su una base ritmica pesante, beh. è comunque qualcosa da ascoltare. Personalmente "Children of the Grave" è una delle mie canzoni preferite, spesso punto di forza dei concerti, anche per la sua carica; la sua potenza trascinante è uno dei punti più alti raggiunti dal disco. La canzone sfuma in un terribile feedback lungo quasi un minuto. Ma il viaggio in questo stupendo disco non è ancora finito. Il secondo intermezzo musicale è un dolce arpeggio di chitarra, propostoci da Iommi, sempre più affascinato da sonorità complesse e da inserti particolari all'interno delle canzoni dei Black Sabbath (sei veda, per esempio, gli inserti barocchi in Sabbath Bloody Sabbath). Questo arpeggio acustico e "lampo di sole" è subito oscurato da un'altra canzone possente e livida. "Lord of this World" entra in gioco con il suo riff lento e pesante, seguito a ruota da un basso rombante e da una batteria "svogliata"; Ozzy fa il suo solito lavoro, tracciando ampie pennellate nere su questo quadro. Come sempre le canzoni dei Sabbath regalano dei momenti emozionanti, come il primo assolo a circa due minuti dall'inizio della canzone, che introduce il ritornello. Proprio in questi momenti la batteria si "ridesta" e ripropone un ritmo più cadenzato, più veloce e strutturato, con Butler che disegna linee di basso che, come sempre, faranno la storia. Ma il fatto è che neanche questa canzone, pur essendo molto bella e godibile, si può dire un vero e proprio capolavoro; nonostante l'affetto di molti fan per questa canzone. Ma questa è la potenza dei Nostri, non producono la loro più bella canzone, ma riescono a renderla comunque immortale. Quanti gruppi riuscirebbero a fare lo stesso?! La settima traccia dell'album è una canzone acustica, molto triste. Un bel basso in evidenza (sempre grande Geezer, anche in pezzi più lenti), la chitarra di Iommi è delicata più che mai, nonostante la canzone non sia solare né positiva, anzi. Questo pezzo nella sua semplicità acustica e "rilassata" tocca corde nascoste, disegnando paesaggi mesti e tristi, come un autunno brullo. Questo stato d'animo viene subito scalciato via dalla potenza di "Into the Void", canzone tipicamente sabbathiana, pesante, lenta, leggermente psicotica. Inizio lasciato tutto nelle mani del riff di Iommi e alla sezione ritmica metronomica, fino ad un leggero cambio di ritmo che introduce la voce schizoide di Ozzy. Come dice la canzone, sembra di essere trascinati nel vuoto, nell'oscuro buio di una galassia su un razzo in avaria. Bellissimi i cambi di tempo all'interno della canzone, che riescono a rendere interessantissima una canzone di pur sempre sei minuti. Nonostante le canzoni dei Sabbath, per quanto riguarda la musica, partano sempre dalla penna di Iommi, bisogna dare atto che Butler e Ward in questo disco meritano un punto in più; disegnando ritmiche precise e supportando Iommi nelle sue evoluzioni musicali e riuscendo ad essere propositivi e d'accompagnamento nei momenti appropriati.
Giudizio : Un album bello, anzi bellissimo, che contiene molte fra le canzoni più famose e più belle dei Sabbath ma. Ma non è quel capolavoro dei primi due album. Se quei due primi Lp proponevano tavolozze di colore varie ed intriganti, questo risulta, pur nella sua bellezza, leggermente monocromatico.
--/10
Website: www.black-sabbath.com
Black Sabbath: Tony Iommi - Lead Guitar & Keyboards Geezer Butler - Bass Ozzy Osbourne - Vocals Bill Ward - Drums Produced by Rodger Bain for Tony Hall Enterprises Engineers: Colin Caldwell/Vic Smith Recorded at Record Plant Los Angeles
Tracklist: 1. Sweet Leaf (5:02) 2. After Forever (5:25) 3. Embryo (0:20) 4. Children of the Grave (5:23) 5. Orchid (1:30) 6. Lord of this World (5:24) 7. Solitude (5:02) 8. Into the Void (6:12)
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