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Recensione Labyrinthus Noctis – Dunnos
Scritto da BloodyMarha   
Venerdì 22 Aprile 2011 07:08

Labyrinthus Noctis – Dunnos (Autoprodotto - 2011)

La biografia dei Labyrinthus Noctis, più che una documentazione delle loro origini, sembra una vero e proprio travaglio artistico. La band infatti inizia la propria carriera (ufficiale) nel 2002, rinascendo con altri membri ed altrettanti intenti musicali dalle ceneri dei precedenti Forever Fallen Darkess. Anche i cambi di line-up non destano tumulti all’interno della band milanese, la quale nonostante tutto, resta in piedi e si apprestano così a pubblicare il loro secondo full-lenght “Dunnos” (acronimo di “Dark Unknown Nonreflective Nondetectable Objects Somewhere”).
L’opener title-track, ci conduce in una dimensione sonora tra il gothic-doom e numerose influenze che spaziano dall’ambient, fino al noise, o alla semplice manipolazione elettronica. L’impronta più classica invece viene dettata da “Apastron”, orchestrazioni nello sfondo e mood malinconico, ben realizzato grazie alla combo voce-strumenti divisa tra la cantante Lu.Na e i suoi compagni.
È chiara da subito un’attenta ricerca verso una propria dimensione, lontana da stereotipi e/o pressanti copia-incolla, tipici dell’ambiente gotico.
Ovviamente non poteva non attirare la mia attenzione “Unholy Susan”, dove cori apocalittici, introducono alla prima citazione dark wave/EBM del disco. La seconda è la cover della meravigliosa “She Said Destroy” dei Death In June.
A chiudere il quadro generale delle highlights, “Existential Black-Out”, vero exploit di tastiere e chitarre acustiche, finemente inserite in un contesto dove la voce dolente di Moreno, recita parole in italiano.
Il pelo nell’uovo della band, è costituito essenzialmente da due fattori: il primo, la “debolezza” in alcuni punti della voce di Lu.Na (la quale dimostra sicuramente di cogliere le intenzioni musicali dei suoi compagni, ed avrebbe solo bisogno di acquisire più potenza e sicurezza per spingersi ancora più in su); in secondo luogo, la necessità di valorizzare il lavoro dei milanesi, con una produzione più accurata.
Infine una considerazione rispetto alla lunghezza delle tracce; nonostante io non abbia subito la sindrome da “avanti veloce”, un minutaggio alto, spalmato su dieci tracce, finisce per essere un’arma a doppio taglio: da un lato, la possibilità di fare dei cambi di suite, e quindi di variegare l’intero discorso musicale, ma dall’altro si rischia di annoiare i meno ben disposti. 
Un plauso lo merita anche la scelta dell’artwork;  affidato a due opere dell’artista contemporaneo Saturno Buttò (e qui colgo l’occasione per ringraziare Ark, per avermelo fatto scoprire!); in grado di descrivere a pieno ciò che la band intende fare attraverso l’espressione musicale.
Personalmente ho molta fiducia nel Labyrinthus, e mi piacerebbe davvero tornare a sentirne parlare!


Voto: 7.5

Website: http://www.myspace.com/labyrinthusnoctis

Line-up:

Moreno – chitarre, voce
Ark – tastiere, programming, synths, voce
Aldo – batteria, voce
Frank - basso
Lu.Na - voce

Tracklist:

1. Dunnos
2. Apastron
3. Infinity Behind The Apses
4. Unholy Susan
5. Cold Alatir
6. She Said Destroy (Death In June cover)
7. Periastron
8. Rainbow You Leave (A Ghost Tale)
9. Solaris
10. Existential Black-Out